E' don Arturo, custode della Cappella, a fare la macabra scoperta mentre è sul punto di illustrarne le bellezze a un gruppo di turiste straniere di mezz'età.
Il panico s'impadronisce subito dello sparuto gruppetto e tutti scappano via a più non posso. La voce dell'orrendo delitto si sparge, come in un lampo, per tutta Napoli.
Nella cappella più famosa della città s'è trovato un morto, nudo e decapitato.
La circostanza non fa che accrescere il fascino misterioso e, in qualche maniera anche un po' macabro, del posto, da sempre fissato, nell'immaginario popolare, come luogo nel quale il principe Raimondo di Sangro di Sansevero, faceva i suoi esperimenti, dava corpo alle sue mirabolanti invenzioni.
Di notte si sono uditi lamenti, rumori, sferragliare di catene, carri pesantissimi che si muovevano nel sottosuolo, stridori di ferri. Un'atmosfera surreale e, in qualche modo densa di paure irrazionali, che ha, da sempre, addensato inquietudini e preoccupazioni negli abitanti del quartiere.
Il principe Raimondo di Sangro era un oscuro negromante o un intellettuale illuminista in vena di prendere per i fondelli il suo prossimo? Nel libro, nel tentativo di far luce sul delitto, il professor Giuliano De Luca, protagonista della vicenda, tenta di rispondere anche a questo interrogativo. Per tutte le cose irrazionali c'è sempre, a saperla individuare, una risposta univoca e terrena, motivata e, soprattutto, razionale. Basta sapere applicare l'intelligenza. Questa la tesi del professore.
la cappella Sansevero in un acquerello di Consalvo Carelli
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