pietre

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Pietre di Fuoco - noir napoletano di Giacomo Ricci - Neftasia editore 2011

mercoledì 25 maggio 2011

Il fratello terribile nascosto in un noir

di Pasquale Belfiore







Per i pochi che non conoscono Giacomo Ricci è evidente che ci troviamo di fronte ad un personaggio irriverente e contraddittorio, però sullo sfondo di un talento scientifico e artistico conclamato. Giacomo Ricci è pittore, disegnatore, straordinario disegnatore. Ci sono dei suoi quadri che sono disegnati alla maniera di Escher che richiedono una pazienza e doti analitiche del tutto fuori scala rispetto all’esuberanza che appare anche nei primi approcci di questa sera. E poi è un ricercatore rigorosissimo. Gli mancava in queste tipologie di produzione il romanzo. Io sono quasi un suo recensore ufficiale che questa sera si occuperà anche di questo suo aspetto. Io questo romanzo, per la verità, l’avrei chiamato l’Accademia del crimine. Lui l’ha chiamato “saggio sul centro antico” ma per le cose narrate forse il titolo che io propongo sarebbe stato più giusto, perchè, in sostanza, i criminali sono dei professori universitari ai massimi livelli di responsabilità.
Ricci: E vi ha spiattellato la fine ...
Belfiore: Non è l’università come la intendeva Giovanni Leone. Per lui il carcere era l’accademia del crimine, invece qui il titolo è proprio indovinato. Oppure si potrebbe anche chiamare un’Autobiografia, perchè questo è un romanzo che, nella sua costruzione, nella sua trama, nel suo stile di scrittura, alto e basso, somiglia molto al carattere e alla formazione di Giacomo Ricci.
Ci sono poi delle frasi rivelatrici, all’interno di una narrazione lunga e complessa che alle volte danno la spiegazione di come funziona il meccanismo. Giacomo parla, ad un certo punto, di questo fratello terribile che alberga in ognuno di noi. E’ un’immagine di Jung che è una sorta di Mr. Hide. Un dualismo in base al quale possiamo leggere l’intera trama. Apartire da, come l’ha già detto Giulio Baffi, dai titoli di coda, che sono una palese bugia. La storia che qui si narra è di fantasia. Posso testimoniare che non è vero perchè sono stato, come Giulio, prelettore di questo testo e ognuno di questi personaggi ha un nome e cognome preciso, ha un ruolo accademico, una storia. Cioè i fatti narrati in questo romanzo sono tutti autenticamente veri. 
Baffi: Manca la capa, ma insomma ...
Belfiore: Perchè probabilmente in questo fratello terribile che è in noi la vicenda accademica che Giacomo ha vissuto, com’è del resto nel suo carattere in maniera molto tragica e dissociata, pur avendo fatto un’onorevole carriera - non si pensi che Giacomo sia uno sconfitto dell’Accademia, Giacomo è personaggio non solo stimato in tutto il mondo scientifico ma ha prodotto pure dei contributi rilevanti  - eppure era una sorta di “vendetta” nei confronti di un’istituzione che egli non ha mai amato perchè era un’istituzione che ha un carattere, una storia, dei rituali che sono completamente eccentrici all’eccentricità di Giacomo. 
C’è una strana ricorrenza, non per la storia e le fantasticherie sul principe Raimondo di Sangro  che naturalmente ci portano in maniera automatica verso una cultura orfica. C’è una strana ricorrenza molto più concreta che ci riporta a questa disponibilità degli architetti a praticare una linea di ricerca romanzata, potremmo dire. Esattamente un anno fa è uscito un bel libro di Attilio Belli, che tutti conosciamo come ragguardevole professore di urbanistica, che si chiama Fuoco ai Quartieri Spagnoli. Naturalmente credo che Giacomo e Attilio non si siano mai dati intesa su ciò. Pietre di Fuoco si chiama il libro di Giacomo Fuoco ai quartieri Spagnoli quello di Attilio. Il protagonista del romanzo di Attilio Belli si chiama Giacomo. La scena finale tratta di una città che s’incendia. E quale parte della città s’incendia? Una parte del Centro Antico,  I Quartieri Spagnoli. Quale parte, nel finale quasi piedigrottesco del libro di Giacomo, si brucia, una parte del Centro Antico. 
Naturalmente il libro di Attilio è un romanzo con un incipit e delle pulsioni molto più politiche com’è nel personaggio, nella sua formazione, nel suo impegno politico, sindacale, universitario, che tutti noi conosciamo. Molto più romanzata e letteraria la trama di Pietre. Però queste ricorrenze dell’una e dell’altra opera danno da pensare. 
Lo stile narrativo. Naturalmente ci siamo tutti accorti - per me che lo conosco da più di 40 anni non è una novità - dell’accentuazione vernacolare del linguaggio adoperato da Ricci in alcuni particolari passaggi. Definirei una sorta di raffinato snobismo il suo  usare in maniera esibita espressioni dialettali. Abitudine che appartiene al suo standard nei rapporti verbali che, però si prolunga nella pagina scritta. E’ facile dire livello alto e livello basso. Anche se si tratta di categorie interpretative che da un po’ di tempo non sono tra le più predilette e usate. Nel romanzo troviamo raffinate descrizioni saggistiche (la pianta di Melisurgo, la storia dei quartieri spagnoli) accanto a delle espressioni plebee sguaiate che non sono più tali quando assumono piena intenzionalità letteraria come qui fa Giacomo Ricci. 
La cultura di base di Giacomo Ricci è di tipo scientifico anche se la cosa potrà destare meraviglia in alcuni di voi. 
Quindi usa questo doppio registro, con salti da un livello raffinato, colto a uno basso,  popolaresco. Si trovano esempi anche in noti precedenti letterari, come ne Gli alunni del sole di Marotta, una sorta di piccolo circolo Pikwick partenopeo che si riunisce, se non ricordo male, in una guardiola di portiere parlando della vita, delle cose di ogni giorno e di filosofia spicciola. 
E poi ho notato ancora un’altra particolarità. Si tratta del primo del primo impegno letterario di Giacomo Ricci ed è come se, man mano proseguendo nel racconto, affinasse a poco alla volta  la sua scrittura narrativa.  E come se il procedere nella scrittura andasse essenzializzandosi. Le ultime pagine diventano avvicenti. Per cui la parola noir si invera in particolare negli ultimi cinque capitoli. Una maggiore concisione, e un crescendo finale del tutto inatteso. 
Un’ultima osservazione. Per tornare e concludere su questo tema del fratello terribile. Tutto quello che Giacomo ha scritto lo spaccia per finzione ma, dal suo punto di vista,  è una realtà. Egli non fa nulla per esorcizzare questa realtà, perchè il fratello terribile che è in lui pensa che l’epilogo dei fatti debba proprio essere quello descritto nella storia. In questo caso questa doppia natura di Giacomo esce fuori a tutto tondo ed è quella che più attrae. Uno straordinario talento che gioca con se stesso e che gioca con tutte le tipologie del fare artistico. Grazie. 

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