pietre

pietre
Pietre di Fuoco - noir napoletano di Giacomo Ricci - Neftasia editore 2011

domenica 3 luglio 2011

Come si reagisce all'oppressione?







Alfonso Bottone:
Una domanda più impegnativa. Ne parli in Pietre di Fuoco. Come si reagisce all'oppressione?



Giacomo Ricci:
All'oppressione si può reagisce facendo finta che non ci sia, fottendosene, continuando, per come è possibile, a vivere. I Napoletani sono dei maestri in questo. Oppure qualcuno se ne può andare di testa, reagire e, allora, fa la fine di Masaniello.
La prima è la strada seguita nella stragrande maggioranza dei casi. La seconda i Napoletani l'hanno seguita in poche occasioni, ma, contrariamente a quanto si dice, si tratta di una strada seguita con una certa frequenza, in particolare nei periodi di dominazione feroce, come quella spagnola del vicereame.
La cosa sconcia che è stata perpetrata ai danni dei popoli del Sud d'Italia  è di aver tolto loro la legittimità della storia. Ed è quello che si fa ancora oggi quando si dice che per risolvere il problema che Napoli rappresenta, ci vorrebbe il Vesuvio.Una bella eruzione esplosiva che cancelli la città, la sua munnezza, il covo d'infezione che rappresenta e, soprattutto, l'intera popolazione. Ma sì, una bella colata di lava e chi s'è visto s'è visto! Lo ha scritto Giannino, lo dice Calderoli, lo invocano i leghisti veneti.  I Napoletani sono, nella migliore delle ipotesi, sole-mandolino-putitpù e pizza. Qualcuno sa fare il comico. Ma poi, basta, per carità! I Borboni sono stati degli oppressori la cui filosofia era soltanto quella delle feste, della farina e della forca. Un popolo rozzo e ignorante va trattato così. Meglio se lo si elimina. Non si è fatto in questo modo con i Curdi, nella Bosnia, con gli Ebrei? E basta, ci stiamo ancora a pensare? I Napoletani sono una questione irrisolvibile, sono sporchi, affogati nei vicoli pieni di merda. Che ci vuoi sperare? Sono sporchi, brutti e cattivi.

Il fatto è che le cose non stanno affatto così, ovviamente. Alla stessa maniera che gli ebrei non erano una razza inferiore, nonostante Hitler si sia impegnato con tutte le sue forze a dimostrare il contrario. I Curdi, nonostante tutto sopravvivono, anche se con difficoltà. Gli indiani d'America, anche se nelle riserve, avevano una filosofia della vita straordinaria che oggi cominciamo a rimpiangere e così via. Insomma la storia ci insegna che le cosiddette soluzioni radicali, il taglio finale, sono sempre una schifezza che un gruppo di dominatori vuole imporre a un popolo dominato. Ma che i popoli dominati sia la nefandezza che i dominatori vogliono darci ad intendere, questo quasi mai lo si riesce a dimostrare. Anzi, con il tempo, viene fuori esattamente il contrario.
Andando a studiare la storia di Napoli, si scopre che il popolo napoletano è stato turbolento e non ha mai accettato la dominazione straniera. Non è un popolo sporco, brutto, cattivo, ignorante e incapace. E si è ribellato apertamente in più occasioni. Qualche nome a caso: il moto contro le gabelle condotto da Fuccillo, avvenuto sotto il vicerè Don Pedro de Toledo. E sempre sotto don Pedro, la sollevazione contro l'introduzione dell'Inquisizione alla maniera spagnola. Qui la sollevazione fu generale (plebe, popolo grasso e nobiltà) contro la volontà vicereale. Avete capito bene: il popolo napoletano, unito, lottò contro il peggiore rappresentante dei dominatori spagnoli, lo fece scappare a rinchiudersi nel castello per salvarsi il culo, e gli impedì la decisione politica di introdurre l'inquisizione. Don Pedro dovette rinunciarvi.
Il popolo napoletano, lo ricordo per inciso, è stato quello che in quattro giorni, ha definitivamente dat un calcio nel culo all'esercito nazista occupante, mandandolo via, cacciandolo indecorosamente. Erano qattro scugnizzi, ragazzotti armati di manici di scopa e mazze, pietre. Le armi degli scugnizzi. Li misero in fuga con i loro carrarmati. Guardatevi, signori della Lega, un film di un non-napoletano come Nanni Loy. Avrete di che imparare.
La storia di Masaniello, poi, più conosciuta ma travisata dagli storici, fino a quelli liberali come Croce. In particolare Croce (e i crociani) non hanno mai troppo amato Masaniello, ritenuto un rozzo plebeo, privo di istruzione e di spessore politico. Al contrario, a seguire la storia che ne tracciò Gioseppe Donzelli (Partenope liberata ovvero della sollevazione dell'eroico popolo napoletano per liberarsi del insopportabil giogo de gli Spagnuoli), amico di Masaniello, barone, medico, erborista e scienziato, Masaniello e i suoi Lazzari ebbero un comportamento esemplare durante l'incendio delle case degli arrendatori, delegati a riscuotere le gabelle ead amministrare la giustizia (figurarsi, la giustizia era esercitata da chi poteva trarne guadagno). Non presero nulla di quella merce infame, strappata al popolo con le angherie. Bruciarono tutto tranne i quadri di argomento religioso per rispetto a Dio, al Re di Spagna  e al Cardinale.
Un popolo che agisce così è certamente ignorante, misero, povero, furfante per sopravvivere, ma ci insegna, con la sua storia, che si è saputo opporre in maniera radicale all'oppressione straniera. E lo ha fatto con DIGNITA'.
Questa dignità è stata strappata ai Napoletani e alla gente del Sud con l'unità d'Italia. Per carità, non  i si fraintenda. La guerra per l'Unità è stata una guerra civile. Era necessario abbattere il Regno delle due Sicilie. Tutto il resto era ed è propaganda dei vincitori.  Masaniello e la sua pazzia sono stati interpretati, a suo tempo,  come l'incapacità del rozzo ignorante che, di fronte alla complessità del compito politico che gli sta di fronte, non riesce a fare altro che ad andare di testa e venir meno. I Borbone e la Santafede hanno fatto la stessa fine: regno infame di rozzi ignoranti, incapaci e terribili. Se si va a leggere - tra tutto - quello che scrive Goethe di Napoli settecentesca, si legge che: "Se nessun napoletano vuol andarsene dalla sua città, se i poeti locali celebrano in grandiose iperboli l'incanto di questi siti, non si può fargliene carico, vi fossero anche due o tre Vesuvi nelle vicinanze. Qui non si riesce davvero a rimpiangere Roma; confrontata con questa grande apertura di cielo la capitale del mondo nella bassura del Tevere appare come un vecchio convento in posizione sfavorevole".

Nessuno ha mai preso in seria considerazione l'iptesi - realistica, attendibile, palusibile - che Masaniello sia stato avvelenato, come raccontano e come sembrerebbe evidente per lo svolgersi degli avvenimenti subito dopo la colazione a Posillipo con il vicerè. Il fatto che la sua pazzia sia apparsa improvvisamente, in completa contraddizione con la lucidità che il capopolo ha mostrato fino ad un istante prima non è mai stata presa come possibile. La pazzia era dovuta alla sua incapacità strutturale. Questa l'interpretazione dominante. E può mai un plebeo affrontare i compiti che la storia, gli avvenimenti drammatici gli pongono? Il fatto che Genoino lo avesse abbandonato, perchè troppo radicale, che, insomma, la rivoluzione stesse fuggendo lui di mano non è mai stata presa come reale. Che sia stato stesso lui a tradirlo.
Ma in ogni caso, questo modo di concepire il popolo e gli avvenimenti del popolo napoletano e considerare tutte le scelte sempre sotto un'aura di illeggittimità, tende a sottovalutare e disprezzare un intero popolo e la sua storia. La cosa continua, senza sostanziali variazioni, anche oggi.

Nessun commento:

Posta un commento