pietre

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Pietre di Fuoco - noir napoletano di Giacomo Ricci - Neftasia editore 2011

mercoledì 20 luglio 2011

Ancora su Questi fantasmi

La commedia di Eduardo Questi fantasmi è ampiamente citata all’interno della narrazione di Pietre di Fuoco, come riferimento per la costruzione di alcuni personaggi. Ad esempio  Rafele,  anima “nera” dell’opera defilippiana, fa da matrice, da incunabolo a don Arturo, custode della Pietatella. Ma la commedia di Eduardo serve anche come fonte letteraria di alcuni spunti narrativi importanti tra cui proprio i fantasmi e i palazzi che fanno loro da dimora, nell’immaginario fantastico e metastorico, per così dire, dei Napoletani, del popolo basso in particolare.
Questi fantasmi è, a mio parere, una più belle commedie di Eduardo perché, in qualche modo, “incompiuta” come genere, visto che sta come il bilico, in un equilibrio molto instabile sul punto del collasso, tra due generi consolidati del teatro napoletano classico: il dramma borghese intimo, che si consuma  tra le quattro mura di una casa, e la commedia farsesca, al limite del surreale, alla Scarpetta. Una scarpettiana classica che deriva direttamente dalla pochade francese, con il tipico triangolo amoroso, lui-lei-l’altro e gli equivoci tragicomici che ne derivano.
Il nodo centrale della tragicommedia di Eduardo è tutto incentrato sulla domanda: “Ma i napoletani credono ai fantasmi?”.
Sì e no, si potrebbe rispondere, basandosi proprio sull’ambiguità comica tipica della pochade.
Il fantasma è, per il napoletano, legato indissolubilmente a una “dimora”, una casa vecchia, composta da grandi stanze buie, con grandi balconi che s’affacciano all’interno di un vicolo stretto, con grandi cortili con esedre scenografiche e scale barocche che se ne salgono, avvolgendosi su se stesse in veri e propri miracoli geometrico-spaziali, ai piani superiori, passaggi seminascosti, ingrottati gli uni negli altri come gli elementi di un grande puzzle, gli elementi di un inestricabile labirinto fatto di una miriade di porte con i battenti in pesante noce massiccia, sopraporte con architravi aggettanti, lunette e timpani spezzati ai lati dei quali vecchi putti tarlati ti osservano con occhi bovini e i corpi già obesi, le membra troppo paffute nell’esagerazione caricaturale del benessere corporeo suggellato da sorrisi ebeti aperti verso il vuoto di scuri muri dirimpettai.
E ancora balconi aperti su cortili e minuscoli terrazzini, balaustre barocche, inferriate poggiate su semipilastri di pietre di “fuoco”, piperni fiammati e basalti grigi, neri e pesantissimi. E poi piccoli corridoi illuminati dall’alto da lanternini dai vetri rotti e sporchi, scale e scalette improvvise, dietro un angolo, porte, varchi, volte ribassate, archi, pavimenti in riggiole sconnesse e consumate dall’uso, rosoni, finestrini che non si aprono  e polvere che si accumula da tempi lontani.
Questi i luoghi tradizionali d’elezione dove fanno la loro apparizione i fantasmi.
L’idea della commedia nacque in Eduardo, durante un piacevole incontro in casa di amici.  Lo racconta Luca, in un filmato di commento a Questi fantasmi, nell’edizione televisiva del 1962, aggiungendo che, alla festa era presente anche un prestigiatore. Parlando parlando, il gruppetto di ospiti, tra i quali Eduardo, incappò nell’argomento fantasmi e, quando qualcuno dei presenti manifestò il suo scetticismo circa l’esistenza delle anime vaganti dei defunti, il prestigiatore manifestò la sua opinione. Lui sì, ci credeva visto che, spesso, la sera, rincasando, aveva avuto la visione di un distinto signore che, uscendo da casa sua, lo aveva salutato con un cenno del capo senza dire una sola parola. Interrogata la moglie che era in casa, il prestigiatore aveva appurato che lei non s’era accorta di nulla, non aveva visto nessuno aggirarsi per casa.  Aveva dunque dedotto che dovesse trattarsi di un fantasma visto che lo aveva visto solo lui.
Un equivoco, questo, simile a quello che avviene nella commedia di Eduardo.

A Napoli ci sono molto palazzi, più o meno antichi,  che hanno fama d’essere frequentati da misteriose presenze, entità, spiriti molto spesso collegati, nella memoria del popolo minuto, a fatti di sangue che, in tempi lontani, dicono siano accaduti in quelle mura.
Ma se di queste presenze inquietanti si occupa Eduardo, in maniera ancora scarpettiana,  allora ogni paura si allontana.
Palazzi che godono della fama di essere abitati da spiriti a Napoli ne esistono numerosi: Palazzo DonnAnna, Palazzo Sansevero e la piazza San Domenico Maggiore. Luoghi, quest’ultimi, che appaino in Pietre.
Il gioco è presto svelato nel racconto: si tratta sempre di trucchi, stratagemmi inventati dagli uomini per ingannare altri uomini, al fine di trarre profitto dalla paura, un profitto che non è mai lecito.
Questi fantasmi è una commedia scritta da Eduardo nel 1945. La sua origine, però, risale al tempo del "Teatro umoristico", un sodalizio intelligente e, in qualche modo geniale,  tra i tre fratelli De Filippo, Eduardo, Titina e Peppino che ne erano i fondatori e principali animatori. La commedia inizialmente aveva nome Tutto per tutto.
Questi fantasmi, per sua natura, non si lega, se non molto marginalmente ai temi della realtà contemporanea ed è opera basata soprattutto su materiali e suggestioni onirico-fantastiche. E in questo consiste, a mio parere, la sua straordinaria forza e qualità artistica. 

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